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giovedì
mag052016

Più dati sui solfiti per “confermarne appieno” la sicurezza alimentare

"Il livello cumulativo di sicurezza attualmente stabilito per sette solfiti utilizzati come additivi nel vino e in altri alimenti è sufficiente a tutelare i consumatori. Tuttavia l’EFSA rivedrà tale conclusione quando verranno forniti dati, provenienti da nuovi studi, per colmare le lacune nelle informazioni, ridurre le incertezze e confermarne pienamente la sicurezza per i consumatori”.

Con questo titolo l’Authority Europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha rilasciato un comunicato stampa che apre profonde riflessioni circa il futuro delle tecniche di produzione di vino.

Il tutto in un quadro ben più ampio nel quale la stessa Authority è tornata ad occuparsi dei solfiti come conservanti in campo alimentare (qui il parere scientifico in versione integrale).

Il passaggio rilevante di detto comunicato dice:

“Il gruppo di esperti scientifici dell’EFSA sugli additivi alimentari raccomanda che la DGA temporanea di gruppo venga valutata nuovamente entro cinque anni, dopo aver effettuato nuovi studi per produrre i dati mancanti. Il gruppo scientifico suggerisce inoltre che l'etichettatura riporti l’effettivo livello di solfiti o anidride solforosa nei singoli prodotti per aiutare i consumatori sensibili o intolleranti a contenere la propria assunzione”.

Pur nella difficoltà tecnica di esplicitare in etichetta l’effettivo contenuto di solfiti di ogni lotto di vino confezionato, stante anche la variabilità del dato nel tempo, potrebbe arrivare  il momento di fare fronte ad una norma in tal senso.

Facile intuire che un minor livello di solfiti dichiarati in etichetta potrà diventare - di conseguenza - un criterio preferenziale di scelta dei consumatori.

Gli strumenti nati dalla ricerca nel Progetto Freewine, attiva fin dal 2008 e tutt’ora in corso, potranno essere di grande aiuto sulla via della riduzione dell’uso dei solfiti nei vini, pur preservandone la corretta evoluzione nel tempo.

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